MACIGNO PARADISE – CRONACA DI UNA RITIRATA

di Federico Rossetti

26 novembre 2014
La voglia di neve, ghiaccio, canalini, picche e ramponi è tanta! L’inverno però latita ad arrivare, la neve ha fatto solo una coreografica comparsata sulle cime dell’Appennino e del freddo non si hanno notizie precise. E’ ancora tempo di arrampicare! Decidiamo per un giro, l’ultimo dell’anno, al Braiola. Siamo in quattro: io, Alberto, Mario e Giacomo.
Il Braiola, sembra un secolo fa quando per la prima volta ci avventurammo in quel piccolo paradiso d’Appennino, severo e aspro come pochi altri. Eravamo io e Alberto alpinisti alle prime armi spinti da un profondo desiderio d’avventura alla ricerca di rocce nascoste e inesplorate. Fu senza dubbio uno dei giorni più belli in montagna. Partimmo da Pracchiola carichi di tutto il materiale di cui disponevamo: tre friend, due mazzette di dadi e una quantità spropositata di chiodi acquistati con enorme soddisfazione pochi giorni prima a prezzo stracciato. L’avvicinamento fu lungo e scomodo ma giunti alla base della bastionata non potevamo credere ai nostri occhi e la fatica scomparve. La luce mattutina, la stagione, l’erba gialla al punto giusto schiacciata dalla neve dell’inverno aiutarono a creare quella visione: roccia, roccia e altra roccia! Eccitati oltre ogni immaginazione ci dirigemmo alla base del grande sperone visto dall’autostrada, obiettivo della giornata. Un po’ per la paura di salire quell’enorme cresta che si stagliava contro il cielo optammo per lo sperone al centro del versante. L’arrampicata fu bella e impegnativa. L’uscita sulla sommità del fungo finale fu di grande soddisfazione. Avevamo aperto una nuova via!!! Otto tiri lungo la cresta – sperone con difficoltà fino al V+ che ribattezzammo Macigno Paradise. Lo stesso anno tornammo al Braiola per salire il grande sperone e compimmo la salita in due giornate successive. Quest’anno il Braiola non poteva mancare sul taccuino delle cose da fare. In maggio apriamo una nuova via, poco obbligata ma con passaggi interessanti lungo lo sperone sinistro. In estate decidiamo di rifare Macigno Paradise. Siamo accompagnati da Luca. Necessitiamo di un terzo parere della via e del posto, ormai il nostro giudizio è poco obiettivo, totalmente stregati dal questo magico luogo. La stagione, però, non aiuta e l’erba verde, alta e bagnata, toglie severità alla bastionata, oltre a contribuire ad inzupparci dai piedi alla vita. Sulla via ci divertiamo, il cosiddetto passo chiave che avevo giudicato addirittura 6a+/6b (…) non esiste o meglio sono cinque metri di V+ non banali. I due tiri finali sono belli come li ricordavamo, la roccia neppure così brutta come avevo scritto, anzi. L’ipercritico Ziliotti è costretto ad ammettere che la via è bella!
Volevo scrivere poche righe ma ogni volta che mi metto a scrivere o pensare al Braiola mille pensieri, immagini, ricordi e sensazioni mi frullano in testa… sono sicuro mi perdonerete.
Tornando a sabato. Oltre al solito Alberto, ci accompagnano Mario e Giacomo, alla loro prima salita al Braiola. Non sappiamo bene cosa fare, indecisi tra esplorare l’immenso settore a destra dello Sperone Centrale o ripercorrere una via. In macchina decidiamo per Macigno Paradise e saliamo al rifugio Mattei. I tempi delle “eroiche” marce da Pracchiola sono lontani e in poco più di mezzora siamo all’attacco. Il cielo è grigio, tira il vento e a dirla tutta fa un freddo cane! Sembra che da qualche parte allora l’inverno sia arrivato!!!! Iniziamo a salire, i primi due tiri facili, il terzo è quello con il passo chiave. I movimenti sono ormai memorizzati: si tiene la dulfer, si alzano i piedi, si spara alla presa buona, si rinvia, si ci alza bene, si prendono le tacche in alto, si rinvia, si prende la rovescia a destra, la si tiene, si spalmano i piedi sulla placca, si ci gira e si è fuori! Sembra sempre più facile! Forse lo è o forse sono più forte e allenato o più probabilmente le cose ripetute diventano necessariamente più facili: semplici movimenti atletici concatenati. Sul tiro successivo inizia a piovigginare, prima qualche goccia, poi fitta e sottile. Siamo costretti ad alzare bandiera bianca. Le rocce scivolose ci impediscono di proseguire. Peggio di noi è andata a un cinghiale precipitato dal versante e morto in un canalone. Scendiamo a doppie sul pendio a sinistra dello sperone. Due doppie da 60 metri, nella prima lasciato un cordino, la seconda su alberello. Almeno abbiamo scoperto che è possibile uscire senza difficoltà dalla 4° sosta con due doppie! Ovviamente quando siamo giù spunta anche il sole… Girovaghiamo verso la base dello sperone centrale, poi ancora oltre per dare un occhiata ai tre torrioni/speroni ribattezzati Piloni del Braiola, nuove idee per l’anno venturo.
La ritirata ha lasciato un grosso amaro in bocca. Se l’inverno tardasse ad arrivare, noi siamo pronti per un’altro giro di giostra!
LA RELAZIONE DELLA SALITA QUI

Nessun commento