Vola Vola l'Ape Maia

Scanalando, Api Volanti, nebbia e ghiaccio: un viaggio al Rondinaio Lombardo

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Ci sono vie veramente strane, Vola Vola l’Ape Maia al Rondinaio Lombardo è una di queste. Da lontano sembra poco più di un canale nevoso senza particolari difficoltà, poi ci sei sopra e sei appeso alle piccozze su ghiaccio da cascata.

Ma partiamo dall’inizio. È la seconda mattina di Scanalando (il meeting di alpinismo invernale in Appennino) e dopo una superba colazione siamo in 9 a lasciare il rifugio Vittoria al Lago Santo Modenese direzione Rondinaio. Noi e gli amici Alpinisti del Lambrusco che ci guidano alla scoperta delle loro montagne. Il tempo non è cambiato dal giorno prima, una tetrissima nebbia circonda le cime, tira il vento e ogni tanto cade qualche goccia dal cielo. L’atmosfera non è proprio di festa e quando passiamo sotto il Rondinaio Lombardo la voglia di proseguire e infilarsi nella fitta nebbia che circonda la cima del Rondinaio (quello vero) è vicina a zero. Soliti dubbi e discorsi, poi quasi naturalmente decidiamo di non proseguire e provare qualche via al Lombardo. Ci dividiamo. Tre di noi puntano alla Pesi, i Lambruschi salgono verso Patagonica, io e Alberto torniamo indietro verso Vola vola l’Ape Maia.

Vola Vola l'Ape Maia

Alpinisti del Lambrusco verso Patagonica

La fiducia non è proprio alle stelle, saliamo il pendio con il naso all’insù alla ricerca di non si sa cosa, forse solo di un quadratino di cielo blu. La neve migliora, non si sfonda neanche più. Torna il sorriso e senza accorgercene siamo all’attacco. La relazione non l’abbiamo ma la via è evidente per quello che sembra un largo canale di neve. Tiriamo fuori tutto, ci imbraghiamo e partiamo. Il primo tiro sembra facile (la ripetizione è voluta, ‘sembra facile‘ sarà il leitmotiv di questa via) e saliamo slegati. Sul ripido la neve è ottima, si sale bene e superato il primo muretto siamo all’attacco di quello che ricordiamo essere il tratto chiave della salita. Un muro di ghiaccio che sembra più una cascata che un canale ci si presenta davanti in tutta la sua bellezza e verticalità. Raramente, o forse mai, ho visto tanto ghiaccio su una via in Appennino e le picche fremono. Domando ad Alberto, un po’ retoricamente, un po’ con costruttiva polemica per le nostre solite partenze scomode (prima o poi impareremo…): ci leghiamo? Non ricordo se mi abbia risposto o meno, comunque tiro fuori la corda, mi faccio passare tutte le viti da ghiaccio che abbiamo portato, 2 (chi si immaginava tanto ghiaccio…), e la solita ferraglia e parto.

Vola Vola l'Ape Maia

Il primo muro di ghiaccio

Il ghiaccio è un po’ quello dell’ultima giornata d’inverno, ma le picche brancano che è una meraviglia. Faccio qualche metro e pianto una vite, i primi giri sono più ad incastro che altro, ma poi esce un sottile filo bianco che dà fiducia, forse tiene. Supero il tratto verticale, poi le pendenze calano, la neve sostituisce il ghiaccio e sono fuori. Sosto su un alberello e recupero Alberto che mi raggiunge e parte subito per il secondo tiro. Sembra facile, ma quello che all’apparenza si presenta come un canale, in realtà è un muro bianco di ghiaccio e neve compressa lisciata dal vento e dagli spindrift (parola volutamente usata per far aumentare il livello della nostra storia e che nel gergo alpinistico indica il fenomeno dello scivolamento della neve per il vento sulle ripide vie di ghiaccio e misto). Alberto supera il tratto ripido con la solita scioltezza e, attrezzata la sosta, recupera le corde giunte praticamente a fine corsa. Parto io e dopo qualche metro facile, mi trovo appeso alle picche su questa strana barriera ghiacciata, praticamente verticale, vera goduria per l’appenninista. Raggiungo Alberto nella comoda nicchia di sosta che si lamenta della roccia marcia dove è riuscito a malapena a piantare due chiodi. Due parole a conferma della tesi dell’indubbia superiorità della roccia dell’Ovest Appenninico e sul fatto che la via ormai è fatta e parto. La via seguirebbe ora il facile canale a sinistra, ma è facile, troppo facile. Non si vede molto, anzi nulla, ma dritto sembra più bello e ripido e pare pure la logica continuazione di questa bella salita. Urlo ad Alberto, ormai  già lontano, se posso raddrizzare quest’ ‘Ape svolazzante’. Altra domanda retorica, altra risposta dimenticata. Mentre salgo e punto al muretto di ghiaccio della mia variante riecheggiano però nella mia testa solo 5 sue parole: ‘la sosta non è proprio buona!’. Prendo una vite ma entra nel ghiaccio come una lama nel burro e con poche speranze la riappendo all’imbrago. Guardo il ghiaccio, guardo giù, guardo il ghiaccio, guardo a destra dove sembra più facile, guardo il ghiaccio, guardo ancora a destra e le sue 5 parole continuano a rimbalzarmi nella testa martellandomi come un cattivo presagio: guardo per l’ultima volta il ghiaccio, lo saluto e mi sposto a destra. La pendenza è la stessa ma qui è neve, ottima neve impastata di ghiaccio. Salgo su belle pendenze a sinistra di un diedro poco marcato, poi sempre dritto verso quella che ha tutta l’aria di essere la cresta: la fine del nostro viaggio sulla parete del Lombardo. Le pendenze diminuiscono e la corda inizia a farsi pesante. Continuo alla ricerca di qualche roccia affiorante per attrezzare una sosta. La corda finisce. Di roccia neanche l’ombra e fittoni non ne abbiamo.

Inizio a scavare tipo bambino alla prima giornata al mare che fa le gallerie nella sabbia in modalità scavatore pazzo. Viene fuori un tunnel-clessidra di neve cementata dai rametti di qualche arbusto dove passo un cordino e faccio sosta.

L’idea non sarà da manuale CAI ma all’apparenza è efficace. Mi ci appendo con delicatezza e recupero Alberto. Raggiungiamo poi insieme la cresta seguendo le voci che si perdono nel bianco infinito di neve e cielo, poi la vetta dove troviamo gli altri. Aspettiamo gli ultimi compagni che escono dalla Pesi per la foto di vetta, poi via verso il rifugio, un piatto di tortelloni e una bottiglia d’immancabile lambrusco pensando alle prossime avventure.

Scanalando 2017

REDclimber crew e Alpinisti del Lambrusco sulla cima del Rondinaio Lombardo

Le montagne non le abbiamo salutate visto che non le abbiamo mai viste, ma torneremo sulle cime del Lago Santo Modenese.

Scritto da

REDclimber

FEDERICO ROSSETTI: Scalo, fotografo, racconto. Esperto di social media e comunicazione digitale, racconta le sue salite in montagna sul blog redclimber.it che ha fondato nell’autunno del 2012. In montagna muove i primi passi tra le cime dell’Appennino Settentrionale dove ha aperto nuove vie su roccia e ghiaccio. Vive le terre alte spinto dalla voglia di ricerca, riscoperta e avventura. Si dedica a raccontare le montagne dal blog alle pubblicazioni editoriali. Uno dei suoi progetti è « Vie normali Valle d’Aosta », salire tutte le 1226 cime della Valle d’Aosta e pubblicare una collana di 8 guide escursionistiche – alpinistiche. Nel 2020 ha fondato Mountain Communication, un’agenzia di comunicazione che si occupa di valorizzare realtà legate al mondo della montagna.

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