- 10 itinerari dal Rifugio Andolla September 20, 2017
Vallate ampie e profonde, laghi, distese di pascoli con vecchi alpeggi abbandonati, montagne gigan [...]
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Ossola: terra di miniere di ferro, enormi dighe, teleferiche acrobatiche. L’acqua e la roccia sono le risorse vitali di queste valli, dove intere generazioni hanno messo alla prova tutto il loro ingegno e la loro forza per costruire opere che sfidano la gravità. Ma ci sono anche luoghi dove la montagna, scoscesa e incontrollabile, ha concesso poco o nulla alla mano dell’uomo: uno di questi è la Val Loranco, dove sorge il Rifugio Andolla.
Gli avventori sono soprattutto gente della valle: le automobili che salgono dalle città della pianura in genere proseguono verso l’Alpe Devero o la Val Formazza. Rari gli alpinisti diretti al Pizzo Andolla, escursionisti con grandi zaini pronti a svalicare in Svizzera con la ferrata del Lago Maggiore, altri saliti semplicemente per gustare un buon piatto oppure i mirtilli e i lamponi attorno al rifugio… anche in piena estate, da queste parti incontrerete sicuramente più mucche, stambecchi, camosci, pecore che non persone!
Chi vedesse o salisse l’Andolla dal versante svizzero, non troverebbe di certo giustificato l’entusiasmo di chi l’ha ammirato o salito dal versante italiano. È da questa parte che un alpinista deve compiere l’ascensione per poterne riportare un’impressione forte e gradevole.



Siamo sotto il temporale quando mettiamo piede in Val d’Ossola. Ci siamo lasciati alle spalle le gallerie del Lago Maggiore e la vista si apre finalmente sulle montagne. Le cime sono ancora avvolte dalle nebbie ma tra le prime schiarite cerchiamo di scorgere l’inconfondibile triangolo del Pizzo Andolla. I nostri sguardi vagano tra l’ipnotico movimento del tergicristalli e le cime imbiancate dalla nuova neve. Abbiamo almeno due o tre obiettivi per i giorni a venire e sappiano che la troppa neve potrebbe metterci i bastoni tra le ruote.
Le prime due valli a staccarsi dall’Ossola verso la Svizzera sono la Valle Anzasca e la Valle Antrona: la prima va a sbattere contro la parete est del Rosa, la seconda trova nel paese di Villadossola la sua porta d’ingresso. Risalendo il solco del torrente Ovesca, lo sguardo incontra, 3000 metri più su, l’imponente Pizzo Andolla: nella parte più profonda della valle il “Cervino degli ossolani” resta nascosto, poi ricompare, dopo una serie di ripidi tornanti, all’Alpe Cheggio, dietro l’imponente diga a gradoni del Lago di Alpe Cavalli.

Qui termina la strada asfaltata e inizia la Val Loranco. Le macchine, poche, l’odore della pioggia è ancora presente nell’aria e iniziamo il solito rituale dello zaino. In pochi minuti siamo pronti, spinti dalla fame e dalla voglia di raggiungere il rifugio prima del buio. Nel frattempo ci raggiunge un camper sgangherato che lascia il motore acceso e l’attempato proprietario scende a sgranchirsi con un atteggiamento indispettito: stavamo occupando il suo posto per la notte? E’ poi la volta di un’allegra famiglia che parcheggia e scende rapida con zaini colorati, straboccanti di stuoie e sacchi a pelo. Il bambino porta sottobraccio un gioco in scatola: saranno anche loro diretti al rifugio?
Lasciamo queste domande ai nostri pensieri e ci incamminiamo sul comodo sentiero che attraversa la diga e costeggia il lago. L’acqua gelida di una fontana immersa nel bosco di larici ci rinfresca la bocca ancora piena dell’afa della pianura. Il bosco lascia spazio ai pascoli e il sentiero si inoltra nello stretto solco della valle. Il cammino è agevole, la salita lieve. Le montagne sono scure e le luci del rifugio ancora lontane quando iniziamo il tratto più ripido. Con vari tornanti e scalini di granito saliamo ripidamente. Le ombre si perdono sempre di più nel buio della sera e continuiamo a salire fino a raggiungere in poco meno di due ore l’ampio piazzale erboso antistante il rifugio. La caratteristica fontana-piccozza è illuminata dalla piccola luce d’ ingresso ma rimandiamo la bevuta da quella simpatica scultura all’indomani.
Entriamo silenziosamente nella bella struttura in legno e ci abbandoniamo alla cena.
Il sole non è ancora sorto quando sgattaiolo fuori dal sacco. Il rifugio tace e nell’aria solo il rumore dei miei passi sulle scale di legno. Esco a scattare qualche fotografia e a dare un volto alle cime che la sera precedente si erano mostrate solo come scure ombre indistinte. L’aria è frizzante e abbandono presto la macchina fotografica da sola con il compito d’immortalare l’alba. Rientro nel calore del rifugio e forse per la prima volta mi guardo intorno…
Il rifugio Andolla è un grande edificio a tre piani, affacciato su un ripiano ben visibile dalla parte bassa della valle. Al primo piano si trova il bar, un magazzino e una comoda stanza dove lasciare scarponi e zaini; al secondo sala da pranzo, cucina e bagni; al terzo le camerate, con comodi letti a due piani. Tutti gli arredi, come si addice a un rifugio alpino, sono in legno di abete.
Il vecchio rifugio, che si trova a fianco dell’edificio principale, è stato anch’esso restaurato e si presenta come una graziosa capanna in sasso: all’interno, al piano terra, c’è una stanza utilizzata per presentazioni e conferenze – diversi gli eventi e gli incontri organizzati dal rifugio nel corso dell’anno, segnaliamo ‘Rifugi di Cultura‘ e la tradizionale ‘Festa del Rifugio‘ (per info www.caivilladossola.net); al secondo piano invece ci sono due camerette da 4 posti, disponibili per chi vuole dormire in rifugio con un po’ più di silenzio e privacy rispetto alle camerate.
Luca mi raggiunge e insieme facciamo colazione. Non abbiamo fretta, abbiamo ormai abbandonato l’idea di salire una delle cime più alte. Le nuvole le circondano, il vento è forte e la neve sembra abbondante. Siamo però decisi a perderci tra le pietre e la storia di questo rifugio.
RIFUGIO ANDOLLA: RIFUGIO DI PAESE, RIFUGIO D’EUROPA, RIFUGIO DEL CAI DI VILLADOSSOLA
La storia del Rifugio Andolla è legata a doppio filo con quella degli abitanti della valle Antrona. Basterebbe dire che la sezione Cai di Villadossola, proprietaria del rifugio, conta più di 1000 iscritti su una popolazione di circa 8000 anime! In tutte le tappe che hanno segnato la crescita del rifugio negli anni, la gente della valle ha sempre partecipato, talvolta in massa, per festeggiare, aiutare, benedire… Si ha la sensazione di essere in un “rifugio di paese”, dove i gestori Marco e Morena, naturalmente villadossolani, conoscono bene molti dei visitatori, fermandosi spesso al tavolo con loro per un bicchiere di vino.
Ma l’atmosfera che si respira al rifugio è allo stesso tempo paesana e internazionale: ce ne si accorge subito dalle tre bandiere (italiana, svizzera e dell’UE) che sventolano di fronte all’ingresso. Gli stranieri sono frequenti al rifugio, superando forse il numero dei non-ossolani. La Svizzera è vicina: non solo quella italiana del Canton Ticino, ma anche quella del Vallese, dove si parla un’altra lingua.
Sono state proprio le guide svizzere a spingere per costruire una via ferrata che rendesse fruibile ai più l’accesso al Passo del Bottarello dal versante italiano: inaugurata nel 2003, per il cinquantenario del rifugio Andolla, la Ferrata del Lago Maggiore permette di svolgere interessanti trekking internazionali, primo fra tutti il periplo del Pizzo Andolla.
RIFUGIO ANDOLLA: DIGHE, MURI E PARETI, CENNI DI STORIA DELLA VALLE E DEL RIFUGIO
La sua ascensione è oltremodo difficile per il versante italiano. Anzi il salire direttamente alla vetta è pressoché impossibile e bisogna aggirare a tergo sul versante svizzero.
Risale al 1890 la prima salita dell’Andolla dal versante italiano, quello più difficile, e non poteva che essere opera di Lorenzo Marani: nato ad Antronapiana, proprio alle pendici del Pizzo, è stato la prima guida alpina ossolana. Spesso in cordata con Riccardo Gerla, ha compiuto numerose prime salite sulle Alpi Lepontine, rimaste per un po’ di tempo all’ombra dei vicini 4000.
L’altro grande esploratore di queste valli è stato il conte Aldo Bonacossa: nei primi decenni del 900, quando ormai le vette erano state tutte salite, pose l’attenzione sulle creste più belle e lunghe delle Alpi lombarde e piemontesi. Vie talvolta dimenticate, oppure diventate classiche come lo sperone est del Mittelruck, meglio noto come Cresta del Lago Maggiore: fu il conte a scoprirlo e salirlo per la prima volta, nel 1918, anche se evitò per cenge l’ultimo tratto più ripido.
Fino ad allora la valle di Loranco era un luogo completamente selvaggio e la stessa valle Antrona offriva poche possibilità di alloggio rispetto ad altre valli alpine, anche vicine. La svolta fu la costruzione della diga del Lago di Alpe Cavalli, negli anni ’20: su spinta delle associazioni alpinistiche di Villa e Domodossola, la Edison finanziò la costruzione di un rifugio alpino ai piedi del Pizzo Andolla, che inizialmente fu ricovero estivo per gli operai della diga, poi divenne fruibile da tutti. Il rifugio Edison fu inaugurato nel 1925, con tanto di benedizione e concerto della banda di Antrona.
Gli anni della guerra videro cadere in stato di abbandono il rifugio, che necessitava di essere rinnovato. Il CAI di Villadossola ne assunse la proprietà, svolse alcuni lavori e nel 1953 ci fu un’altra inaugurazione, stavolta del rifugio Andolla. Nel 1971 fu costruita la vertiginosa teleferica, che con due salti di 4 km permise di rifornire il rifugio senza più ricorrere ai muli.
La frequentazione della val Loranco però aumentava, e il piccolo locale costruito ai tempi della diga spesso non riusciva a contenere tutti. Così nel 1986 fu la volta dell’attuale rifugio Andolla, costruito a fianco di quello vecchio. Fu un’altra grande festa, con 1500 persone salite da valle, a dare il benvenuto alla nuova costruzione: negli anni successivi il rifugio Andolla, fino a quel momento incustodito, fu preso in gestione da Marco e Morena, che da ormai 30 estati continuano a reggerne il timone.
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Il Pizzo di Loranco o Mitterlück è una cima di 3363 metri sulla cresta di confine fra Italia e Svi
Il Rifugio Andolla rientra nella rassegna #Rifugidariscoprire 2017.
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