Il Corno Gioià è una bella cima rocciosa che separa le valli Salarno e Adamè. La sua cresta nord est è percorsa da una via elegante e abbastanza ripetuta (almeno per gli standard della zona!) firmata da Ettore Castiglioni e Vitale Bramani, assi dell’alpinismo lombardo negli anni fra le due guerre. Bramani era già stato in questo angolo remoto di Adamello salendo l’adiacente (e più difficile) cresta sud-est del Corno Triangolo. L’arrampicata si svolge su un’ottima tonalite, spesso sul filo esposto della cresta, e risulta particolarmente godibile per la facilità di proteggersi e attrezzare soste, oltre che per il panorama via via più ampio sui ghiacciai e le cime dell’Adamello. Arrivati in vetta, si è comunque a metà dell’opera, siccome la discesa risulta per vari aspetti più laboriosa e difficile della cresta. Un’ascensione grandiosa in ambiente isolato e vivamente consigliabile!
Prima salita: Vitale Bramani, Ettore Castiglioni, 18 agosto 1941
CORNO GIOIÀ (3087 m) – VIA CASTIGLIONI BRAMANI

All’inizio della bella cresta Castiglioni Bramani
INFO TECNICHE | |||
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Data Uscita | 08/07/2018 | Cordata | |
Zona Montuosa | Cima | ||
Itinerario | Via Castiglioni Bramani (cresta nord-est) | Tipologia itinerario | |
Tempo | 15 h (3/4 h la via) | Dislivello | 1600 m (300 m la via) |
Località di Partenza | Quota partenza e arrivo | 1458 m - 3087 m | |
Avvicinamento | 5.30 h (2.30 dal Rifugio) - 1300 m (500 m dal Rifugio) | Discesa | |
Difficoltà globale | Difficoltà tecnica | V- spesso III | |
Chiodatura | RS3 Pochi chiodi in via | Frequentazione | |
Periodo consigliato | Esposizione | ||
Roccia | Tipologia arrampicata | ||
Punti d’appoggio | Webcam | ||
Attrezzatura consigliata | Normale da arrampicata Martello | Previsioni Meteo | |
Bibliografia | Cartografia |

INDICAZIONI STRADALI
Risalire la val Camonica fino a Cedegolo, dunque seguire le indicazioni per Saviore dell’Adamello. Dal centro del paese imboccare un secco bivio a sinistra per Fabrezza Val Salarno, e poco dopo un altro tornante a destra. La strada è asfaltata ma molto stretta e termina presso il ristorante albergo Stella Alpina (1458 m, pochi spiazzi auto, in parte riservati ai clienti).
AVVICINAMENTO
Seguire la comoda sterrata (segnavia 14) che risale lungamente la val Salarno, superando i suoi due laghi, fino al rifugio Prudenzini (2226 m, 2,30/3 da Fabrezza). Il Corno Gioià domina la valle a destra, con dietro il Corno Triangolo. Subito dopo il rifugio si supera il ponte a destra seguendo il sentiero 1 diretto al Passo di Poia. Una ripida salita conduce sopra il “coster” di sinistra: appena il sentiero spiana, prima che guadi un torrentello, lo si abbandona salendo a sinistra per terreno inizialmente erboso poi roccioso. Conviene mantenersi vicino all’orlo del coster seguendo le comode piode piuttosto che faticare nelle pietraie sotto la parete ovest del Corno Gioià.

Sul filo del coster sinistro: alle spalle il Corno Triangolo
Raggiunta la piccola valle che separa quest’ultimo dal Corno Triangolo, smettere di traversare e salire in direzione della vedretta, sopra la quale si distingue contro il cielo la cresta nord est. L’estensione del piccolo ghiacciaio è variabile a seconda delle annate, ma a inizio stagione sono necessari i ramponi; altrimenti si procede lasciandosi la neve a destra. Una volta ai piedi della parete, ignorare le placche appoggiate con chiodi che salgono direttamente a destra verso l’inizio della cresta vera e propria del Corno Gioià: si tratta di una variante più difficile (VI+); individuare invece il punto più debole della parete a sinistra, prendendo come riferimento il secondo intaglio a sinistra della cresta principale (2.30 h dal rifugio).
L’attacco è circa 20 metri più a sinistra rispetto all’inizio della placca difficile.
RELAZIONE
1° tiro: salire in obliquo a destra per gradoni e fessure (III, chiodo) raggiungendo un diedro scuro. Superarlo facendo attenzione alla roccia un po’ marcia (IV+), dunque proseguire lungo il diedro con roccia migliore (chiodo) superando una strozzatura atletica ma ben appigliata (V-). Continuare sempre in obliquo a destra per fessure e risalti (IV) fino a una cengetta esposta con sopra un grosso masso mobile. Seguirla a destra (I) sbucando su un intaglio in cresta dove si sosta su spuntoni (45 m, 2 chiodi).
2° tiro: seguire il facile ma esposto filo di cresta (II), dunque scendere a destra un breve ma ostico diedrino con due fessure (IV+). Alla sua base si trova una sosta con chiodi vecchissimi facilmente integrabile con friend (20 m).
3° tiro: qui inizia la cresta vera e propria! seguirne il filo su placche appoggiate con ottime fessure (III) fino a un terzo intaglio, dove si sosta comodamente su spuntoni (25 m).
4° tiro: superare un saltino a destra (IV) dunque riguadagnare il filo che si segue in bella esposizione (III) fino a un salto verticale (chiodo). Superare il diedro (V, chiodo con cordino), uscendo a destra. Una meravigliosa fessura orizzontale (V-, chiodo) permette di riportarsi in cresta su un intaglio. Una cengia erbosa lato Val Adamè sembra invitante, ma noi abbiamo proseguito sul filo dello spigolo (passo IV+ esposto, poi più facile). Un sistema di fessure e lame a destra del filo conduce sull’ennesimo intaglio, dove si può far sosta su sasso incastrato in fessura e friend (50 m, 3 chiodi).
5° tiro: seguire il filo di nuovo facile (III, chiodo) per 20 metri fino a una buona sosta di calata: calarsi 10 metri sulla terrazza sottostante (innevata a inizio stagione); sul suo margine destro si trovano due chiodi vecchissimi, dove conviene far sosta integrando a friend (35 m facendo un unico tiro con calata, altrimenti 20 m e una corda doppia. 1 chiodo e 1 sosta intermedia).
6° tiro: la via prosegue lungo un canale (II, III) 10 metri a destra dello spigolo, puntando a un evidente gendarme. Superare un delicato diedrino liscio (IV) dunque il camino tra il suddetto gendarme e la parete principale (passo IV+). Sostare subito dopo su grossi blocchi incastrati (50 m).
7° tiro: a destra in traverso puntando a due diedri paralleli: seguire quello di destra, più appoggiato, segnato da una fessura regolare molto estetica (III+, passo IV con cuneo di legno marcio). Continuare a cavallo di una caratteristica trincea/camino (III+), sempre a destra del filo, fino a un passaggio stretto (volendo aggirabile a destra). Sostare appena oltre in uno spiazzo con blocchi incastrati (55 m).
(la relazione di Edo Balotti diceva di seguire il diedro a sinistra, IV, 1 chiodo)
8° tiro: sopra la sosta per diedrino con fessura molto stretta (IV+), dunque traversare a destra per cengetta esposta cercando il punto debole dell’ultimo risalto della parete (IV), tornando poi a sinistra. Per rocce ormai facili si raggiunge la vetta, sosta su blocchi incastrati (35 m).
DISCESA
La discesa è piuttosto complessa: preventivare almeno due ore piene per arrivare alla fine delle difficoltà. Dalla vetta scendere inizialmente verso la valle Adamè, poi spostarsi un poco a destra trovando una sosta di calata. Possibile doppia da 60 metri in direzione dell’intaglio fra le due vette gemelle del Corno Gioià, oppure (come abbiamo fatto noi) affrontare due tiri in discesa (II, III).
Raggiunto un vecchio cordone bianco, brevissima calata nel canale tra le due cime che poi si risale facilmente fino all’intaglio. Qui si trova un’altra sosta di calata su cordone e maglia rapida: calarsi 15 metri nello scomodo camino sottostante atterrando su una grande placca inclinata. Seguire una delle fessure in disarrampicata (II, chiodo) dunque spostarsi più facilmente verso destra. Appena possibile, scendere a sinistra sull’ordine di placche sottostante (noi siamo passati per un breve canale, II), che tendono a un largo sperone: prendere come riferimento un grande ometto 100 metri più in basso sul filo dello sperone.
Dopo un tratto facile, si incontra un nuovo cordone con maglia rapida su spuntone, e appena sotto il terreno si fa di nuovo ripido (II, III): si incontra un vecchio chiodo e 20 metri sotto una vecchia sosta di calata. Noi abbiamo fatto due brevi doppie raggiungendo l’intaglio appena sotto l’ometto, da cui sale la via normale (un brutto canale di sfasciumi che ci si è presentato totalmente innevato: presente comunque una sosta di calata con cordoni nuovi).
Noi abbiamo proseguito sullo sperone (2 ometti); dopo un paio di brevi passaggi esposti (III) abbiamo raggiunto una buona sosta (chiodo con anello e cordini): una doppia da 60 metri ci ha permesso di raggiungere le placche a sinistra della vedretta. Un ultimo passaggio ostico con un po’ di neve e ghiaccio a sinistra rispetto alla linea di calata ci ha permesso di superare l’ultimo risalto di parete, poi per placche appoggiate più facili (ma marce) abbiamo raggiunto il nevaio. Da qui in un’ora comoda al Prudenzini, in altre due ore all’auto.

La Val Salarno dall’alto
OSSERVAZIONI
Via bellissima: grazie al lavoro di promozione dei Diavoli del Salarno e la recente guida di Edo Balotti (Arrampicare in Adamello), risulta oggi abbastanza frequentata nonostante l’avvicinamento “eterno”: Rino Ferri, rifugista del Prudenzini – che ci ha anche gentilmente prestato un martello – riferisce di almeno 20 ripetizioni la scorsa stagione (2017). Non è comunque un posto dove si fa la coda! La discesa richiede piede fermo, tempo ed energie fresche… a noi queste sono un po’ mancate, forse perché il pomeriggio precedente avevamo fatto una “passeggiata” di due ore su pietraia fin sotto al Campanile di val Salarno! Alla fine siamo rientrati al rifugio alle 21. Sempre il preparatissimo Rino ha ammesso che non gli dispiacerebbe riattrezzare le calate per una discesa più rapida e sicura dal Corno Gioià.
In zona abbiamo salito anche lo Spigolo Ovest al Cornetto di Salarno.
RELAZIONE PDF


Risalendo la val Salarno

Sulla vedretta ai piedi della nord del Corno Gioià

Terzo tiro

Quarto tiro

Sesto tiro: il gendarme

Discesa in doppia dalle placche sotto l’intaglio

Lungo lo spallone

Ripartenza dal Prudenzini al crepuscolo
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