In tutti i tempi ci sono stati uomini di un’audacia senza frontiere. Scrutavano viso a viso, senza abbassare gli occhi, i mondi misteriosi, gli oceani, le montagne, lo spazio. Forti, molto forti, sfidavano l’infinita potenza della natura e degli Dei; Riccardo Cassin, nel campo dell’alpinismo è stato uno dei lori successori di più degna considerazione. Uomo nel senso più completo e più bello della parola, Cassin non era una scalatore eccezionale, era un essere eccezionale.
Cassin – C’era una volta il sesto Grado – Georges Livanos
CORNA DI MEDALE – SULLE ORME DI RE RICCARDO
di Federico Rossetti

23 dicembre 2014
Nel taccuino immaginario delle cose da fare in montagna nel 2014 avevo inserito la via Cassin alla Corna di Medale, una delle prime vie aperte dal leggendario scalatore lecchese. L’arrampicata classica, la chiodatura non eccessiva e il nome altisonante ne facevano la via perfetta. Per vari motivi, però, la povera via Cassin era stata messa da parte.
L’estate e l’autunno passano veloci e con loro i momenti dedicati all’arrampicata. Arriva l’inverno: tempo di neve, ghiaccio, picche e ramponi. La stagione però non è per nulla d’accordo e ci regala a fine dicembre belle giornate soleggiate e molto miti. Non avevo idee particolari, anzi la mente era già tutta proiettata sulla stagione invernale ma, si sa, le cose più belle sono quelle inaspettate e cosi una sera, sfogliando uno dei nuovi libri di montagna di cui ormai sono diventato accumulatore seriale, Alberto la butta lì, c’è la Cassin, si potrebbe fare! E si farà.
Domenica ci scaldiamo sul Gendarme in Appennino, martedi siamo alla base della parete del Medale pronti per attaccare la Cassin! In realtà l’avvicinamento che doveva essere tipo quei venti minuti a piedi si è trasformato in una “bella” passeggiata tra rovi e reti paramassi. Con il senno del poi la nostra variante ci ha permesso di costeggiare e studiare l’intera parete, non male! In qualche modo raggiungiamo l’attacco, il punto di maggior debolezza della parete, fa veramente caldo. Siamo in maglietta e sudiamo mentre il piumino nello zaino se la ride allegramente.
Soliti preparativi e partiamo. Vado io. Il tiro è facile ma quando sorpasso una scritta blu riportante il nome Cassin mi assalgono emozioni contrastanti. Gioia infinita per essere finalmente qua, sulle orme di un grandissimo, timore e rispetto per quello che ci aspetta. Saliamo due tiri facili con arrampicata discontinua con qualche foglia di troppo e ci portiamo alla base di un bel diedro. La relazione riporta “salire il diedro molto scivoloso V”. Mi avvio con circospezione e inizio a salire. Io più dell’unto incontro solo prese stupende e roccia super. Una patina di levigato nelle prese obbligate c’è ma, ragazzi, ci entra una mano!! Seguono altri due tiri belli, in particolare il secondo dei due molto sostenuto per un bellissimo diedro sempre su ottime prese. Mi sto divertendo proprio, è quel mix di arrampicata tecnico – atletica che permette di arrampicare bene, di sentirsi leggeri e sicuri ma allo stesso tempo di arrivare in sosta soddisfatti perché in fondo un po’ di fatica si è fatta.
Siamo alla base della sesta lunghezza, esattamente a metà via, ci aspetta il passaggio chiave. La guida lo descrive minuziosamente, riporta addirittura come superarlo, “alzarsi in spaccata, fino ad avere il fittone all’altezza dell’inguine, cercare un appiglio a destra, traversare”. Tocca ancora a me. Parto, supero qualche metro più facile e poi eccomi lì alla base del passaggio. Lo supero esattamente come da relazione ed esco a destra su difficoltà minori. Alla succesiva sosta ci ritroviamo alla cengia del famoso bivacco, dove Cassin e compagno, Mario dell’Oro detto il Boga, passarono la notte in una grottina al riparo del temporale. Oggi il piccolo riparo è diventato un bagno e un raccoglitore di rifiuti più che un posto da bivacco. Ci concediamo una meritata pausa, mangiamo qualcosa e ci godiamo la giornata.
Ripartiamo e saliamo due tiri più facili e discontinui portandoci all’attacco del famoso tiro del traverso. Effettivamente qui le placche sono parecchio scivolose ma con in mano sempre grosse prese si procede bene. Superata l’ultima vera difficoltà arrampichiamo ancora per altri due tiri e siamo fuori. La Cassin al Medale è fatta, bello e inaspettato regalo di Natale con qualche ora di anticipo.
Siamo all’ombra e al freddo del versante nord, in un colpo solo dalla maglietta al piumino! Una stretta di mano e via. Scendiamo per ripido sentierino con qualche catena e ci riportiamo velocemente alla macchina. Un’ultima occhiata alla parete e via con la mente già su nuovi progetti e sogni ambiziosi.
Due parole sulla via. Personalmente mi è piaciuta molto. I tiri dal terzo al sesto sono i più sostenuti ma anche i più belli. I passaggi in sè non sono mai difficili, il più impegnativo è sicuramente quello del sesto tiro dove bisogna alzarsi in spaccata su piccole prese, è però un singolo passo (V+). Il tiro precedente è quello globalmente più impegnativo, molto continuo sul V-/IV+. La roccia è ottima, qualche tratto è un poco unto ma niente di epocale, anzi certe volte una presa levigata aiuta a capire dove si deve salire e certamente non compromette l’arrampicata. Il terrorismo di certe relazioni è esagerato. Il solo traverso è un po’ levigato dove si appoggiano i piedi ma si fa e volendo si può azzerare. La chiodatura è ottima e le soste sono tutte con catena e anello di calata. I fittoni sono spesso distanti, ravvicinati dove più impegnativo. Noi abbiamo integrato solo raramente, a memoria un paio di friend in tutta la via, le possibilità di piazzare friend e dadi però non mancano. Via consigliabile e di soddisfazione, è pur sempre una via Cassin!

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