E’ da un po’ che non scrivevo più delle nostre avventure/disavventure canadesi. Non che avessi perso la cosiddetta “verve poetica”, anzi qualche articolo l’avevo pure iniziato e prima o poi lo pubblicherò ma ultimamente nel poco tempo libero a disposizione preferivo mettere il naso fuori casa che stare davanti a un computer. Ora però è giovedì sera, l’Ele è uscita per festeggiare il compleanno di una sua amica ed io pigrissimamente mi sono mangiato una triste pizza surgelata. E così, tra un boccone di tanta squisitezza e un sorso di birra alle ultime luci del rosseggiante tramonto sull’oceano, mi è tornata voglia di scrivere.

Non so bene da dove iniziare e comincio già a sbadigliare. Comunque per farla breve, le cose vanno a gonfie vele. Io sono passato dall’essere pagato per fare il guardiano della seggiovia tra qualche fiocco di neve e qualche turista al lavorare in un ufficio, trascrivendo rumori e frasi in italiano per una società che è una via di mezzo tra Google e una scuola di lingue e l’Eleonora fa l’architetto in uno studio in centro. Viviamo nella casa di una sorta di montatore di effetti speciali di Hollywood a due passi dalla spiaggia e Vancouver ha finalmente iniziato a dare il meglio di sé con una serie di spettacolari giornate dal cielo blu, accompagnate da una tiepida brezza primaverile. Questo è più o meno quello che è successo negli ultimi due/tre mesi. Ah, dimenticavo, abbiamo iniziato a fare qualche piccolo giretto a piedi tra cascate, fari, ponti sospesi, spiagge nudiste e alberi giganteschi, ci siamo dati anche al ciclismo amatoriale, ho spalato tanta neve e ne ho pestato un po’ lungo un piacevole sentiero di montagna, abbiamo comprato una bella bici, abbiamo sperimentato nuovi piatti molto orientaleggianti e abbiamo messo piede sul suolo a stelle e strisce nella bella Seattle.

Con questo potrei terminare il sunto di quanto successo in questi primi 3 mesi ma l’unico modo per sfuggire al lavaggio della montagna di piatti in cucina, tra le urla dell’Eleonora appena rientrata, è continuare a scrivere e tenervi compagnia ancora per un po’ e così il riassunto diventa un riassuntone.

Non mi ricordo quale sia stata l’ultima ‘impresa’ di cui vi avevo parlato in precedenza, comunque sono convinto che nessuno dei due lavorava e sicuramente c’era la nebbia, faceva freddo e pioveva. L’umore era molto basso, eravamo senza casa, senza lavoro e il tempo faceva schifo. Poi come si suol dire, la ruota comincia a girare e così mi chiamano per un colloquio con la proposta di lavorare sulle piste da sci, come operatore della seggiovia. Non avevo mai fatto un colloquio in vita mia e il mio inglese non era proprio il massimo e così quel giorno mentre salivo in funivia la tensione era notevole. Certo, non stavo appropinquandomi a un colloquio per la Nasa ma lavorare tra i monti con i piedi nella neve mi andava più che bene. Non so bene come spiegarmelo, sarà stata forse l’aria pura di montagna, ma non credo di aver mai messo in fila tante parole in inglese con una pronuncia accettabile come in quei in pochi minuti. Sta di fatto che ho iniziato a lavorare il giorno stesso e per un bel mesetto me la sono ‘goduta’: ho rincorso autobus, mi sono svegliato prima dell’alba, sono tornato che il sole era già sceso da un pezzo, ho macinato chilometri in bicicletta, spesso sotto la pioggia, ho passato ore a contare i centimetri di oro bianco ma mi sono anche goduto la neve scendere dal cielo, ho fatto a palle di neve con dei sorridentissimi bambini canadesi dagli occhi a mandorla, mi sono prestato a fare il fotografo dei turisti al loro primo giorno con gli sci ai piedi, ho evitato qualche incidente, salvato una bambina sola e impaurita, sciato in una papposissima neve primaverile e soprattutto assaporato la bellezza di una vista spettacolare tra albe frizzantine e tramonti fiammeggianti.



Mentre il nostro eroe, che sarebbe il sottoscritto, aveva trovato il lavoro dei suoi sogni, la nostra eroina Eleonora si districava tra annunci vari e decine di mail agli studi di architettura di tutta Vancouver. Proprio quando il Santo Graal (il lavoro) sembrava perduto è arrivata una bella telefonata, il colloquio e il lavoro. Non saprei bene cosa raccontarvi di quello che combina tra le mura del suo ufficio anche se me lo racconta tutti i giorni, devo aver immagazzinato queste informazioni in una remotissima e ahimè irraggiungibile area del mio cervello ma, a parte gli ‘scherzi’, si trova più che bene, si è fatta qualche nuova amica (una si chiama eunha … ), va al lavoro in bicicletta e diciamo che lei, finché resteremo qui, è bella sistemata.
Insieme al lavoro abbiamo trovato casa! La caccia ad un tetto è stata lunga e travagliata e al riguardo avevo scritto un meraviglioso post che pubblicherò, per ora vi basti sapere che abbiamo trovato una gran bella casetta con vista sull’oceano e a due passi dal centro.


Quando però tutto pareva essersi sistemato, un clima pazzerello ha deciso di porre fine alla stagione sciistica con qualche settimana di anticipo e così mi sono ritrovato di nuovo senza lavoro. Abbandonare i monti, la neve, i nuovi amici e la vista privilegiata della città è stato doloroso ma per una serie di rocambolesche coincidenze la ruota ha continuato a girare e ho trovato subito una nuova opportunità come trascrittore di file audio. E così sono passato dai monti e dalla neve la domenica a guardare il lunedì quelli stessi monti da una finestra sporcata dalla pioggia dietro lo schermo di un computer. E così la nostra vita tornò a fluire tranquilla tra scoiattoli, paperelle e altri strani animali impertinenti e irrispettosi del codice della strada, qualche bufera di vento da togliere il sonno, una maratona e una strampalata corsa nudista in pieno centro (a cui non abbiamo partecipato…), lunghe passeggiate e biciclettate sui curatissimi lungomari, uno spiacevolissimo furto di sellino (purtroppo tutto il mondo è paese), visite turistiche ad acquari, parchi cinesi e musei, una serata al più grande Night Market del Nord America, una sorta di Street Food dai sapori e colori orientali, un po’ di shopping e qualche immancabile passeggiata nei parchi dell’interland cittadino.
Direi che per questa sera possiamo terminare qui.

Un saluto dalla bella Vancouver e un po’ di foto di questi primi mesi da questa strana e affascinante piccola metropoli.
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