Ed eccoci qui, più o meno a 800 km da Vancouver, ai piedi delle montagne. Con gli occhi fuori dalle orbite (il sottoscritto, Eleonora dorme 🙂 ) alla vista del primo ghiacciaio ci avventuriamo nel Parco del Mount Robson. La prima tappa obbligata è il Visitor Centre che si incontra pochi chilometri dopo l’ingresso ai piedi dei versanti orientali del Mount Robson (3954 m) che noi ovviamente troviamo avvolti nelle nubi. Da tempo abbiamo capito che per le terre alte qui in Canada il cielo blu e il sole sono cosa rara e bisogna un po’ accontentarsi di quello che viene. Nel centro oltre a tutte le informazioni utili ci si deve registrare per ottenere il pass del pernottamento al Berg Lake (campeggio) che bisogna però prenotare con largo anticipo sul sito del governo canadese (i weekend sono sempre pieni mesi prima).
Il centro visitatori è ovviamente affollato e mentre Eleonora attende pazientemente il nostro turno, io gironzolo nelle stanze tra belle foto di orsi, il plastico del trail (il sentiero) che ci aspetta e la sezione dedicata all’alpinismo. La storia del ‘King‘ (il re), come i canadesi chiamano la più alta cima delle Rockies è infatti ricca di storia alpinistica a partire dal 1913, anno di conquista della cima da parte della guida austriaca Conrad Kain con un’epica salita con infiniti tagli di gradini nel ghiaccio lungo la parete Est che oggi porta il suo nome (Kain Face). Il leggendario Kain tornò qualche anno dopo e salì nuovamente la montagna per il versante SSW, oggi considerata la ‘normale’ di salita, che di normale ha molto poco. Negli anni furono poi percorse tutte le linee principali di pari passo con l’avanzata dell’alpinismo nel Nord America: la Fuhrer Ridge (1938), la bellissima Emperor Ridge (1961), la North Face (1963) e la possente Emperor Face (1978). Successivamente si aggiunsero tante altre vie sempre più difficili ed estreme; tra le vie moderne vale la pena citare la via Slovena del 1990 (ED-; 5.3 65/85°, Pocker- Škarja) e per gli anni duemila Infinite Patience (IV 5.9 M5 WI5, Blanchard-Dumerac-Pellet 2002) e la House-Haley (IV W15 M7., House-Haley 2007).
We looked at Mount Robson with the eyes of practiced mountaineers. We measured up the difficulties, picked our routes, and weighed the problems… Yet there was an additional factor: the awe we felt…. Here was a mountain without compromise.
Chris Jones
(Abbiamo guardato il Mount Robson con gli occhi di alpinisti navigati. Abbiamo misurato le difficoltà, scelto la nostra via, e selezionato i problemi … Eppure c’è un altro fattore: il timore che abbiamo sentito…. Questa è una montagna senza compromessi.)
Mi perdo tra le fotografie, sognando ad occhi aperti e vagando con la fantasia immaginandomi lassù a salire quella montagna di neve e ghiaccio, quando improvvisamente vengo richiamato all’ordine dalla voce dolce-furiosa di Eleonora. È arrivato il nostro turno e il gentilissimo ranger dopo averci chiesto le nostre generalità, ci consegna il nostro pass con cartina incorporata e ci dà qualche informazione utile su quello che ci aspetta. Siamo anche obbligati a guardare un video di una decina di minuti prima di avventurarci sui sentieri. Il documentario sul parco ha qualche annetto di troppo e nelle riprese c’è sempre nuvoloso (la nostra teoria sul brutto delle montagne canadesi è ancora una volta confermata), ma è simpatico e ci insegna qualche utile tecnica su come combattere gli orsi che più o meno recitava così:
‘quando combatti con un orso qualsiasi cosa è valida, ricordati che stai lottando per la tua vita !!’
Lasciato il centro raggiungiamo in pochi minuti la partenza del nostro sentiero. Il parcheggio è stracolmo e noi siamo in super ritardo. Prepariamo gli zaini e mangiamo un boccone sperando in una pausa della pioggia che tarda ad arrivare. Alla fine ci decidiamo a partire e imbocchiamo la comoda strada ghiaiata che sale nel bosco a fianco del torrente tra i soliti cedri canadesi che qui crescono rigogliosi in virtù delle abbondanti precipitazioni (650 mm annui) che l’ombra della montagna richiama. Per dirla alla loro maniera:
Grande Montagna, Grandi Alberi.
Il trail per raggiungere il Berg Lake misura 21 km per un’ascesa complessiva di 725 m e sono le cinque passate quando raggiungiamo le sponde del Kinney Lake. La comoda strada lascia qui posto a un più stretto sentiero dai connotati alpini. Le nuvole non ne vogliono sapere di lasciarci in pace e ogni tanto cade qualche goccia. Ormai ho capito che faremo tardi e cerco di rincuorare Eleonora che ha fiutato che la giornata sarà lunga nell’unico modo possibile: mentire! Ho ancora qualche problema con le distanze canadesi, tutto è grande, enorme e i chilometri sembrano non passare mai.
Superiamo un campeggio dove la gente sta mangiando e Eleonora vorrebbe tanto fermarsi, ci lasciamo alle spalle le acque turchesi del lago e iniziamo a salire la splendida Valle delle 100 Cascate. Il nome è tutto un programma e ovunque ci giriamo sbuca una cascata dagli scoscesi fianchi delle montagne che ci circondano. Il cielo è ora di un pallido azzurro e le ultime luci del giorno ci lasciano ammirare le cime più alte in tutta la loro mastodontica imponenza e tra tutte, 2000 metri più su, si fa largo tra le ultime nuvole la cima triangolare del Mount Robson imbiancato dalle recenti nevicate. Continuiamo a salire, finalmente più decisi, con una bella serie di tornanti a fianco delle rumorose cascate formate dal Robson River: la White Falls (cascate bianche), una spumeggiante cascata stretta tra le roccie e la Falls of the Poll (cascate della piscina), una serie di cascate che si gettano in uno specchio d’acqua dando origine a un’enorme nuvola di schizzi e vapore. È ormai sera quando raggiungiamo quest’ultima, ormai rassegnati al camminare sotto le stelle.
Il morale non è ai massimi storici, gli zaini sono pesanti, la notte si avvicina, siamo stanchi e bagnati. Mangiamo qualcosa e ci concediamo il primo vero riposo dalla partenza. Rimessi gli zaini sulle spalle, ci rimettiamo in cammino e raggiungiamo l’ennesima cascata, la Emperor Falls, un muro di acqua che vedremo da vicino il giorno seguente. Qui mi accorgo di non avere più il Bear Spray, la nostra unica arma contro gli ‘animali selvaggi’ e accessorio obbligatorio per chi si spinge tra questi monti. Non chiedetemi bene il preciso funzionamento ma se incontri un orso e questo non se ne va, spruzzando lo spray si dovrebbe allontanare. Sperando di non averne bisogno continuiamo raggiungendo finalmente il grande pianoro che precede il Berg Lake e meta di giornata. Ormai è buio e ci muoviamo alla luce della frontale in un silenzio totale interrotto solo dal rumore dei nostri passi tra i sassi e dai mugolati di Eleonora un po’ spaventata dalla solitudine di un ambiente sconosciuto in terra straniera.
Le stelle illuminano la bianca faccia glaciale dell’Emperor Face del Mount Robson alla nostra destra regalandoci uno spettacolo unico di cui non riusciamo probabilmente a godere appieno vogliosi di infilarci nei sacchi a pelo. Sono ormai quasi le 10 quando raggiungiamo avvolti dall’oscurità il campeggio sulle sponde del lago dove ritroviamo un po’ di civiltà dopo tante ore di solitudine. Il piccolo accampamento pare addormentato e solo qualche voce rompe la quiete della notte. In silenzio cerchiamo una piazzola libera nel groviglio di piante e sentierini e montiamo la nostra tenda. Nello shelter in legno (la baita) a disposizione di tutti ci scaldiamo qualcosa di caldo e lasciamo tutto il cibo, il dentifricio e creme varie negli appositi contenitori anti orso.

La notte il freddo è pungente e la mattina seguente siamo svegli di buon’ora e possiamo godere finalmente le bellezze del posto che abbiamo raggiunto. Non c’è il sole ma le nuvole alte ci lasciano ammirare (per poco) l’impressionante e vertiginosa Emperor Face che si specchia con incredibile chiarezza nelle limpide acque del lago. Vorrei avere le picche e un compagno con cui andare, poi guardo Eleonora e sono felice così. Ci appartiamo su una piccola panchina in legno a pochi passi dall’acqua e gustiamo una colazione a base di uova e pancetta. Le nuvole tornano presto a fare capolino e si addensano minacciose sulle cime, ricordandoci che è arrivato il momento di lasciare questo piccolo angolo di paradiso.
La discesa si rivela ancora più lunga della salita e alla fine con qualche sosta sotto le cascate e senza particolare fretta ci mettiamo di più del giorno precedente. Riguadagnata la macchina e gustata l’immancabile birretta ci rimettiamo in marcia verso il Jasper National Park con un programma per la giornata ancora densissimo!
–> Continua…

INFO TECNICHE e (utili)
21 km (42 km andata e ritorno)
725 m di dislivello a salire e scendere
noi abbiamo impiegato 5.30 h a salire e 6.15 h a scendere
-> la salita al Berg Lake si fa in giornata ma è consigliabile partire presto (ci sono altri campeggi lungo il sentiero e si può anche spezzare il trail in 3/4 giorni)
-> prenotate i campeggi con largo anticipo QUI
-> il campeggio del Berg Lake ha le classiche piazzole con il sistema chi primo arriva primo sceglie, bagni (fossa) e uno Shelter in legno
-> il bear spray è obbligatorio, noi non ne abbiamo incontrati ma ….
-> l’acqua se ne trova in abbondanza ma è meglio avere i filtrini o le pastiglie per depurarla


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