L’avventura, secondo me, non conosce quota! Ci si può ingaggiare con la montagna a 8000 metri come a 2000 metri, ognuno può trovare la propria dimensione ed esplorare il terreno che preferisce e in cui si sente a ”casa”; l’avventura è uno stato mentale che nasce e cresce dentro ognuno di noi se giustamente alimentato con motivazioni, progetti, obiettivi, voglia di mettersi in discussione e migliorare il proprio livello fisico, tecnico e mentale.
Wild Ski Appennino di Francesco Gibellini, edita nel 2016 da Idea Montagna porta già nel nome – Wild – quel tratto distintivo che la caratterizza dalla prima all’ultima pagina. Il wild se da un lato è qualcosa di difficilmente descrivibile, dall’altro è quella somma di emozioni, sensazioni, luoghi, colori, echi e si traduce in questa guida nelle scelte dell’autore che, guidato dalla sua esperienza e dal suo personale viaggio alla scoperta o riscoperta dell’Appennino, ci regala 74 gite a cavallo dei 2000 metri.
L’Appennino è il grande protagonista della guida e Francesco Gibellini propone ai tanti appassionati oltre alle immancabili grandi classiche, una serie di ripide discese per canali e valli selvagge, luoghi al di fuori dei percorsi tradizionali: angoli ancora intatti e incontaminati. Gibellini ci ricorda però che l’Appennino è anche il luogo dei momenti dove il tempo accompagnato dalla forza degli agenti atmosferici modella creste, pendii e canali, offrendo scenari sempre nuovi e mai banali e obbligando lo scialpista a muoversi spesso con i ramponi, più utili tra queste cime di qualsiasi altro attrezzo!
74 itinerari alla scoperta dell’Appennino Tosco-Emiliano. Una catena comunque vasta che mette insieme un numero tale di valli, cime e montagne che alla fine inizi a chiederti cosa ci sia ancora da scendere! E forse è questo uno degli obbiettivi di questa guida, mostrare alcuni angoli (certamente i più belli!!!) di un Appennino da scoprire e lasciare al lettore, all’appenninista la scoperta di terreni d’avventura sempre nuovi. La guida è però soprattutto un grande invito ad abbandonare le solite tracce per immergersi in quelle meno note che però regalano sempre le maggiori soddisfazioni: tracce raccontate con cura e passione nel bel mondo del Wild Ski Appennino.
Insomma, un luogo che bisogna conoscere per riuscire ad amarlo e a saperlo gestire, che può dare grandi soddisfazioni proprio perchè poco antropizzato e con grandi scorci dove è ancora possibile ”esplorare” e scoprire.
74 itinerari divisi equamente tra Scialpinismo, Sci ripido, Freeride, accompagnati da un gran bel corredo fotografico e soprattutto da indicazioni sempre precise (veramente molto utili le tabelle riassuntive nelle ultime pagine!).
Una guida per sci-appenninisti e per tutti coloro che non vogliono seguire tracce conosciute.
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10 DOMANDE ALL'AUTORE, FRANCESCO GIBELLINI
1. Piacere, Francesco. Sappiamo che sei un vignaiolo e che scendi da ripide pareti appenniniche con gli sci ma raccontaci qualcosa di te per presentarti e magari parlaci di come ti sei avvicinato allo sci ripido.
Il pallino per il ripido, forse, mi è partito dentro quando ero davvero piccolo; ero stato ad una serata organizzata dal CAI di Portogruaro in cui proiettavano video delle gesta di Tone Valeruz ai tempi in cui aveva sceso il Civetta e molte altre delle sue linee ardite. Rimasi stupefatto ed ammirato da quanto vedevo e stentavo a credere. Poi la vita ti porta in altre direzioni e, addirittura, ti costringe a stare distante per anni dalla montagna come è successo a me che per 8 anni ho fatto calcio a livello professionistico e, non potendo permettermi di avere infortuni fuori dal campo, ho dovuto mettere puntini di sospensione fra me e la montagna per questo lungo periodo; quando ho mollato l’attività professionistica, ho iniziato subito a fare scialpinismo e, già nel primo anno di attività, mi sono trovato a fare la mia iniziazione sul ripido affrontando una bellissima discesa, la Val Setus sul Sella: ricordo che fu talmente tanta l’adrenalina e l’emozione che provai ed il senso di estrema libertà che quella giornata fece scattare in me la molla della passione estrema per questa bellissima e delicata disciplina.
2. Credi che l’Appennino abbia un semplice interesse locale o il classico sciatore alpino dovrebbe spingersi alle nostre latitudini? E quali sono le maggiori differenze tra sciare in Appennino e sulle Alpi?
Ovviamente, per uno che vive in Dolomiti o in zona Bianco… è difficile pensare che un giorno possano venire in Appennino a cimentarsi con le nostre più belle discese ma… mai dire mai! Se pensiamo agli ultimi 3 inverni appena trascorsi, infatti, abbiamo avuto molta più neve noi che loro e c’è stata una migrazione collettiva verso l’Abruzzo e l’Etna che erano in grandi condizioni; forse, il nostro settore di Appennino è ancora sconosciuto ai più e da molti ancora sottovalutato; credo che i valori veri e la belle cose che il nostro Appennino può offrire abbiano bisogno d’essere comunicate. Quando ho iniziato a concepire questo libro, ho proprio pensato di scovare le perle nascoste e di renderle fruibili anche agli appassionati di altre province o regioni; ecco perché ho scelto la pubblicazione di taglio nazionale e perché ho scelto di scrivere solo del meglio che le nostre montagne possono offrire. Non mi interessava fare un’antologia completa ma una selezione (assolutamente personale, si intende).
3. Qual è la discesa appenninica che ti ha regalato le maggiori emozioni, positive o negative che siano?
Se parliamo di emozione in senso stretto, sicuramente la discesa più emozionante (anche più difficile!!!) è stata il Canale Ovest (ribattezzato da me Laura’s Couloir dopo la prima discesa assoluta) del Monte Gomito in Val di Luce: una discesa estrema in cui la componente alpinistica è tanto importante e complessa quanto quella sciistica, una linea che non concede errori di nessun tipo e dove è necessario avere le idee ben chiare e nervi saldi, essere molto preparati fisicamente, psicologicamente e tecnicamente; per scendere questa “pazza” linea (che fa paura solo a guardarla dal basso!), abbiamo anche dovuto attrezzare due soste di calata (con fix ad espansione in inox). Insomma…un’avventura completa come di rado succede di fare in Appennino!
4. Sulla guida ci sono tanti spunti ma cosa consigliare a chi non ha mai messo piede in Appennino. Suggeriscici 3 itinerari: uno appagante anche paesaggisticamente, uno dove magari non fare troppa fatica e uno più ‘challenge’ e di sicura soddisfazione.
Dovessi consigliare a un forestiero alcuni itinerari imperdibili in Appennino, credo che non avrei dubbi sull’itinerario imperdibile a livello paesaggistico: sceglierei sicuramente quella che è, a tutti gli effetti, la cartolina del nostro crinale, ovvero la traversata Rondinaio-Giovo partendo dal Lago Santo (it.28); un lungo e articolato giro che appagherà sicuramente anche l’occhio del più esigente: scorci di rara bellezza in quello che è una sorta di “bonsai d’alta montagna”; per non fare troppa fatica consiglio un itinerario completo di freeride dal poco dislivello sia in salita che in discesa ma dove la componente alpinistica, l’esposizione, la partenza della discesa delicata aggiungono un po’ di peperoncino ad una linea “a portata di impianti” ma di sicura soddisfazione (it.3, Denti della Vecchia); per gli amanti delle linee isolate, selvagge e ripide, invece, non posso non consigliare il Canale delle Cose Importanti (o Canale Nord, it.52) del Sassofratto: semplicemente (assieme al Canale della Transumanza, it.55) la più bella linea da sciare dell’intero Appennino tosco-emiliano, con una salita molto tranquilla cui segue una partenza davvero ripida e delicata ed un pendio largo dalla pendenza costante che permette di sciare con grande ritmo buttandosi letteralmente verso il basso per più di 300 metri di dislivello, una discesa per palati fini!
5. L’Appennino è un mondo piuttosto strano e per certi versi poco considerato. Negli ultimi anni però qualcosa, forse, è cambiato: sono state pubblicate diverse guide, saliti nuovi itinerari e sembra esserci un bel fermento. Credi sia solo una questione mediatica e che l’Appennino in realtà sia sempre stato frequentato alpinisticamente/scialpinisticamente parlando o forse è in atto un cambio di mentalità e che per fare salite e discese interessanti non si debba necessariamente fare un ‘viaggio’ sulle Alpi?
Difficile pronunciarsi in materia, sicuramente c’è una scoperta (più che una riscoperta!) dell’Appennino in tutte le sue forme e le sue possibilità alpinistiche e credo che proprio questo sia la molla che sta muovendo molti giovani a rimanere fra le montagne di casa piuttosto che muoversi verso le Alpi: qui,infatti, si è già scritto tutto e salito e sceso tutto, quando si parte da casa si sa già che si va a “ripetere” una gita, una linea di salita o discesa e l’interesse, ovviamente, é minore che non partire da casa per cercare di salire o scendere “la propria linea”. L’Appennino ha ancora un sacco di posti WILD ed è per questo che 4 anni fa ho deciso di girarlo e scoprirlo e devo ringraziarlo perché mi ha dato la possibilità di cercare “le mie linee” dopo tanti anni passati a ripetere le linee di tanti maestri cui devo moltissimo, intendiamoci!
6. Nell’introduzione sottolinei più volte come nonostante gli Appennini siano piccole montagne non vadano sottovalutati e talvolta le condizioni possano essere veramente estreme. Un consiglio per gli sciatori, oltre magari quello di portarsi dietro sempre un paio di ramponi .
Faccio un ragionamento al rovescio, inizio dicendoti cosa non consiglio di portare ed usare agli scialpinisti, freerider e ripidisti che vogliano affrontare l’Appennino che io, da un sacco di anni, amo definire Piccola Patagonia proprio perché spesso riserva sorprese “estreme”. Io sconsiglio vivamente l’uso dei rampant! In tanti anni di attività sulle nostre montagne, se c’è una cosa che di sicuro ho capito è che quando ti sta venendo anche solo il pensiero di utilizzare i rampant… è già tardi perché se 5 minuti prima avessi messo i ramponi ti saresti tirato fuori in modo rapido e sicuro da una situazione spesso molto spiacevole e pericolosa. Mi è successo di vedere già 6-7 volte i coltelli piegarsi letteralmente per il duro della neve cementata e, anche in tratti dalle pendenze tutt’altro che estreme, questo giochino ha causato incidenti e rovinose cadute, spesso con infortuni piuttosto seri (l’ultimo ad un mio caro amico proprio prima di Natale); io, per non rischiare di finire in tentazione, li lascio direttamente a casa, così quando è ora monto subito i ramponi e non se ne parla più; ricordatevi che in Appennino si può fare una gita senza pelli ma, quasi sempre, non si può fare la stessa gita senza ramponi! Altro consiglio spassionato che mi sento di dare è quello di fissarsi degli obiettivi ma di avere pazienza…quello che oggi non si è capaci di fare, probabilmente, lavorandoci sopra e preparandosi a dovere, si potrà riuscire a fare in futuro, non abbiate fretta! E abbiate sempre un buon margine quando decidete di fare una gita piuttosto che un’altra: se avete sempre fatto gite da 2.3 di difficoltà sciistica (scala Volo), potrete provare a fare una gita da 3.1 o 3.2 quando vi sentirete davvero sicuri su quella 2.3; certamente, se partirete per fare una gita 5.1…avrete fatto un grave errore di valutazione e avrete sopravvalutato le vostre capacità e sottovalutato le difficoltà e le insidie nascoste in un itinerario di questo tipo! Imparate ad essere buoni giudici di voi stessi,sognate ma…coi piedi per terra!
7. C’è un episodio particolare capitato durante la stesura della guida che vuoi raccontarci?
Stavamo salendo il Canale della Transumanza nella parte bassa su neve appena mollata dal sole ma stabile, come tante volte in Appennino; ad un tratto sento un rumore strano provenire dall’alto e…l’istinto e l’esperienza mi fanno pensare subito ad una valanga “in arrivo”; avviso Gigi e gli dico di tirarsi da una parte, io così faccio, lui si sposta ma lascia le racchette ed uno sci al centro del canale e…la valanga lenta,lenta,lenta…se li porta giù! Si esaurisce la corsa delle palle di neve e, per fortuna, Gigi ritrova in superficie tutta la roba che la valanga gli aveva rubato! Risalendo poi il canale sul fianco sinistro per precauzione fuori dal cono di valanga,abbiamo scoperto che la stessa era stata azionata dalla caduta di un grosso masso dal fianco destro del canale.
8. La maggior parte degli itinerari si concentra nella zona orientale dell’Appennino. È forse la zona prediletta per le discese?
La zona più occidentale, particolarmente il Piacentino ed il Parmense, hanno sicuramente meno cose interessanti da offrire e spesso, durante gli inverni, non sono in condizioni accettabili; si aggiunga che sono zone che non conosco (anche se molti esperti della zona me ne hanno a più riprese parlato) e si capirà subito perché non le ho inserite; detto ciò, la parte orientale e centrale è sicuramente molto più ricca di punti di interesse e di linee e gite interessanti.
9. Gli ultimi anni in Appennino sono stati piuttosto secchi, è forse un vantaggio per le discese più ripide, annullando praticamente il rischio valanghe, o sono sempre da prediligere gli inverni nevosi?
Quando si fa ripido, non conta solo il pericolo valanghe; bisogna considerare tanti fattori, primo fra tutti il fatto che con poca neve spesso gli itinerari sono di difficoltà maggiore perché più scoperti e spesso più stretti,molte volte con nevi non delle migliori: la neve…aiuta tanto! Per contro, inverni molto nevosi (soprattutto se la neve viene con vento forte, cosa non rara in Appennino) possono essere pericolosi per gli accumuli, le cornici ed i lastroni che possono paralizzare questa attività anche per lunghi periodi. Diciamo che abbiamo il grande vantaggio che la neve da noi si assesta molto velocemente (fin troppo!) grazie all’alternarsi di caldo di giorno e freddo di notte e che il pericolo valanghe è meno presente che sulle Alpi; tuttavia sarebbe un errore credere che non ci possano essere valanghe in Appennino.
10. L’Appennino ha sicuramente ancora molto da offrire ma c’è davvero qualche linea ancora vergine? Ci vuoi segnalare qualche nuova discesa o scoperta dall’ultimo inverno?
Ti segnalo due prime discese assolute piuttosto ardite fatte nello scorso inverno che, pur avaro di precipitazioni, si è concesso a me e ai miei due amici Stefano Baraldi (Cik) e Gianluigi Valentini (Gigi) permettendoci di scendere prima il Canale Est del Rondinaio Lombardo nella zona del Lago Santo Modenese, poi la parte sciabile(dopo una calata di 110 metri dall’alto) del Canale dei Bolognesi al Corno alle Scale; per quanto riguarda le nuove possibilità di trovare altre linee…posso solo dirti che ne ho in preparazione almeno 6 o 7 e che c’è ancora tanto da fare…basta sapere cercare e guardare; non aggiungo altro,altrimenti me le fregano tutte! Peace & Powder a tutti!!
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