La manutenzione dei sensi [RECENSIONE e INTERVISTA a Franco Faggiani]

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All’epoca del touchscreen rischiamo di smarrire il gusto del “toccare con mano”. Corriamo così ai ripari con soluzioni temporanee, una sorta di revisione d’emergenza della nostra percezione assopita: ci regaliamo un weekend di relax nella natura o qualche ora di benessere alla spa. E se i nostri sensi necessitassero di un’attenzione meno episodica? Se l’è chiesto Franco Faggiani che intitola significativamente il suo romanzo “La manutenzione dei sensi” dove il richiamo “manutentivo” non assume solo un rilievo pratico e quasi artigianale. Il verbo manutenere, accolto di recente dalla lessicografia, rimanda infatti anche alla dimensione esperienziale del “mantenere” inteso come un “condurre con mano”. La sensibilità, cioè non è solo in noi. L’esplorazione del nostro universo percettivo passa attraverso gli altri attraverso un condiviso percorso di crescita. Lento, difficoltoso, costellato di imprevisti, tutto in salita. Come la vita in baita a San Sicario, la borgata della Valle di Susa scelta da Leonardo e dal figlio in affidamento Martino per trascorrere la loro quotidianità tra lavoro, studio e relazioni – non sempre semplici – con il nuovo ambiente, naturale ed umano.

La trama in 60 secondi:

Leonardo Guerrieri vedovo cinquantenne è il padre affidatario di Martino, un ragazzo taciturno e un po’ solitario a cui viene diagnosticata la sindrome di Asperger. Il trasferimento in una baita delle Alpi Piemontesi incide profondamente sulle loro vite che, pian piano, vanno ad integrarsi in una serenità fatta di piccole soddisfazioni. Tra queste le escursioni immersi nella natura e l’attività manuale che Martino scopre grazie ad Augusto Bermond affiancandolo nel far fieno, accudire le bestie e produrre il formaggio. Una storia buona, ma non buonista che offre una visione della montagna nel suo aspetto comunitario con tutte le piccole e grandi incombenze quotidiane.

 

5 DOMANDE ALL'AUTORE, FRANCO FAGGIANI

Franco Faggiani – La manutenzione dei sensi (Fazi Editore)

Alla Libreria Casa Dei Libri di Rivalta incontro Franco Faggiani, autore de LA MANUTENZIONE DEI SENSI. L'ispirazione del romanzo è nata nella mia valle, a 2743 metri. Anch'io ho tratto spunto dalle storie che transitano da quel luogo così speciale: il Rifugio Vaccarone. Tutto torna e si incrocia: coincidenza… o magia?! Domani 12 Maggio vieni al Salone Internazionale del Libro: io partecipo alla finale di Incipit Offresi (ore 17.00 – Arena Regione Piemonte); Franco vi aspetta allo stand Fazi Editore (H72). ↘️ Clicca per vedere la video-intervista: grazie a Gianpietro Daniele e Marina per l'accoglienza in libreria!

Posted by Verticales on Friday, May 11, 2018

 

La montagna è co-protagonista della storia. Descrivi luoghi realmente esistenti come il rifugio Vaccarone. Che responsabilità ha un autore nel proporre ai lettori il territorio alpino?

Ricorrere ad elementi reali richiede una grande attenzione. Ancor più accurata se si parla di montagna. Mi sono dedicato all’attività di giornalista, fin da quando avevo 19 anni. Appartengo alla “vecchia scuola” e mi documento a fondo prima di pubblicare: ricerco, leggo e scendo in campo. Per tre estati consecutive sono salito al rifugio Vaccarone accedendo da entrambi i versanti. Sono stato da solo e con amici, pernottando e facendo la conoscenza di Nino Malavenda e della sua famiglia, i custodi del rifugio. Proprio lì mi sono imbattuto nel ragazzino con la sindrome di Asperger che ha ispirato il protagonista della storia.

Un punto forte della tua narrazione è l’autenticità. Oggi, spesso, l’immagine della montagna viene distorta da rappresentazioni non corrette fatte per attrarre. Avverti anche tu questo rischio?

La montagna viene vista come un mondo facile da frequentare, un ambito affascinante ed idilliaco. Molti si lasciano affascinare, ma la montagna presenta sempre il conto. Per descrivere l’ambiente alpino in maniera affidabile è necessaria la sua effettiva frequentazione per garantire una profonda conoscenza. Da trent’anni frequento abitualmente le montagne della Valle di Susa a cui si aggiungono tante altre cime, in Italia ed all’estero, che ho esplorato anche per la mia attività lavorativa. Da queste esperienze ho tratto una mia visione non edulcorata delle terre alte.

Un aspetto originale è il connubio tra due elementi: l’ambientazione alpina e la sindrome di Asperger. Entrambi hanno modi di comunicazione peculiari. Come si esprime la montagna?

La montagna usa canali comunicativi e modalità di espressione proprie, esattamente come coloro che hanno la sindrome di Asperger. Si tratta di una condizione che caratterizza la sfera dell’iterazione con gli altri su cui mi sono documentato a fondo, pur non volendo incentrare il romanzo su questo aspetto. La montagna è fatta di poche parole, tante esperienze, senza tanti orpelli intorno. Allo stesso modo, la sindrome di Asperger è caratterizzata dalla stessa asciuttezza di linguaggio che è molto diretto, senza metafore o elaborazioni. Si tratta di un approccio al mondo ed agli altri molto essenziale, ma che non pregiudica l’esplorazione o l’esperienza: anzi, molte persone che vivono questa sindrome dopo aver letto il libro mi hanno chiesto di partecipare a dei trekking, magari notturni, come quello che Martino affronta nella storia per mettere a punto la sua “manutenzione dei sensi”.

La manutenzione giova a tutti. Il contatto con la natura ha la forza di ridestare i nostri sensi assopiti. Ma è sufficiente immergersi nel verde per ritrovare se stessi?

No. È fondamentale la consapevolezza. Un po’ complice il mondo social ed un certo modo di fare giornalismo, oggi si assiste ad un numero crescente di persone che seguono le imprese di Kilian Jornet e senza coscienza, allenamento e preparazione si avventurano magari facendo unicamente affidamento sull’attrezzatura. È indispensabile avere coscienza dei propri mezzi non solo materiali, ma anche della disposizione fisica e mentale ad affrontare una natura che non è un parco di divertimenti, ma non risparmia nulla.

Oggi la self confidence spopola soprattutto sui media digitali. Ci sono frasi motivazionali e video che inneggiano alla riuscita ed al successo a tutti i costi. Come può la narrativa diffondere il messaggio della consapevolezza di sé e della possibilità di errore, concetti fondamentali per la frequentazione della montagna?

Leggere è un’attività a sé, diversa dal guardare un video o condividere post su Facebook. Leggere aiuta a riflettere e a crearsi delle immagini. Quando si legge la parola si trasforma in visione del contenuto. Quando leggo i libri degli altri mi vedo in testa un film. Quando descrivo una camminata in un bosco, una bufera di neve od una salita impervia su una cima mi creo un’immagine mentale con tutti i pericoli che potrebbero essere connessi e, nella scrittura, adotto una narrazione fedele in modo che anche il lettore possa prenderne coscienza ed evitare imprudenze nella sua concreta esperienza della montagna.

Recensione e intervista di Alessandra Longo (Verticales.it). 

 

 

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